Papa Benedetto XVI

 

Dall’Enciclica “DEUS CARITAS EST” – (Dio è amore) – anno 2006

– “La fede non è una teoria che si può far propria o anche accantonare. È una cosa molto concreta: è il criterio che decide del nostro stile di vita. In un’epoca nella quale l’ostilità e l’avidità sono diventate superpotenze, un’epoca nella quale assistiamo all’abuso della religione fino all’apoteosi dell’odio, la sola razionalità neutra non è in grado di proteggerci. Abbiamo bisogno del Dio vivente, che ci ha amati fino alla morte”.

Dall’Enciclica – “SPE SALVI” – (Nella speranza siamo stati salvati) – anno 2007

– “La redenzione ci è offerta nel senso che ci è stata donata la speranza, una speranza affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente: il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto ed accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino”.

– “forse oggi molte persone rifiutano la fede semplicemente perché la vita eterna non sembra loro una cosa desiderabile. Non vogliono affatto la vita eterna, ma quella presente, e la fede nella vita eterna sembra , per questo scopo, piuttosto un ostacolo”.

Il Papa indica quattro luoghi di apprendimento e di esercizio della speranza. Il primo è la preghiera:

– “Se non mi ascolta più nessuno, Dio mi ascolta ancora … se non c’è più nessuno che possa aiutarmi … Egli può aiutarmi”.

Accanto alla preghiera c’è poi l’agire.

– “La speranza in senso cristiano è sempre anche speranza per gli altri. Ed è speranza attiva, nella quale lottiamo” affinché “il mondo diventi un po’ più luminoso e umano. E solo se so che “la mia vita personale e la storia nel suo insieme sono custodite nel potere indistruttibile dell’amore” io “posso sempre ancora sperare anche se … non ho più niente da sperare”. E “nonostante tutti i fallimenti” questa speranza mi dà “ancora il coraggio di operare e di proseguire”.

Anche il soffrire è un luogo di apprendimento della speranza.

– “Certamente bisogna fare tutto il possibile per diminuire la sofferenza”: tuttavia “non è la fuga davanti al dolore che guarisce l’uomo, ma la capacità di accettare la tribolazione e in essa maturare, di trovare senso mediante l’unione con Cristo, che ha sofferto con infinito amore”.

Infine, altro luogo di apprendimento della speranza è il Giudizio di Dio.

– “La fede nel Giudizio finale è innanzitutto e soprattutto speranza”: “esiste la risurrezione della carne. Esiste una giustizia. Esiste la ‘revoca’ della sofferenza passata, la riparazione che ristabilisce il diritto”.

E’ impossibile infatti “che l’ingiustizia della storia sia l’ultima parola”. “Dio è giustizia e crea giustizia. E’ questa la nostra consolazione e la nostra speranza. Ma nella sua giustizia è insieme anche grazia”. “La grazia non esclude la giustizia…I malvagi alla fine, nel banchetto eterno, non siederanno indistintamente a tavola accanto alle vittime, come se nulla fosse stato”.

Dall’Enciclica – “CARITAS IN VERITATEM” – anno 2009

“L’amore — « caritas » — è una forza straordinaria, che spinge le persone a impegnarsi con coraggio e generosità nel campo della giustizia e della pace. È una forza che ha la sua origine in Dio, Amore eterno e Verità assoluta. Ciascuno trova il suo bene aderendo al progetto che Dio ha su di lui, per realizzarlo in pienezza: in tale progetto infatti egli trova la sua verità ed è aderendo a tale verità che egli diventa libero”.